Artistes

  • Abdelatif Habib – Maroc
  • Med. Hajhouj – Maroc
  • Claudia Cervo – Italy
  • Massimo de Angelini – Italy

Edito

L’atlantico e il pacifico sono i mari delle distanze, il Mediterranio è il mare della vicinanza scrive Pregdrag Matvejevic in Breviavio Mediterra e aggiunge :  » Alcuni naviganti prima o poi tornano, gli altri partono per sempre.  Si distinguono le navigazioni dopo le quali guardiamo le cose in modo differente, in particolare quelle dopo le quali vediamo diversamente anche il nostro passato, e perfino il mare « 

Abbiamo iniziato a raccontare il Mediterraneo con la mostra di Massimo de Angelini nel 2014, « Colonne d’Ercole, abbiamo seguito le rotte delle imbarcazioni che dalla notte dei tempi gli uomini hanno percorso seguendo i venti per necessità, per sete di avventura e di conoscenza. Abbiamo vluto guardare al Mare nostrum come luogo dinamico di spostamenti che in passato come adesso si rende protagonista di tragedie incomprensibili.

Ora « Vicinanze » offre una  prospettiva più ampia, proponendo le opere di due artisti Marochini, Abdelatif HABIB, e Mohamed HAJHOUJ et di due artisti Italiani, Claudia CERVO e Massimo de ANGELINI.

E se i punti di vista sono diversi perchè partono da culture diverse – caratterizzate da tratti simili, per la vicinanza dello stesso mare e al medesimo  tempo differenti per costumi e tradizioni storiche – il loro sentire è comune. Come nell’uso dei materiali. La juta ad esempio che viene utilizzata da HABIB, de ANGELINI e CERVO : essa diventa il supporto ideale per le loro creazioni, un materiale grezzo spesso tratto da vecchi sacchi. HABIB specifica che non c’è alcun intento ecologico nel suo utilizzo, ma è parte integrante dell’opera, un mezzo per veicilare un’idea di passato in un’opera contemporanea. Egli infatti la adopera grezza o la colora, sopratutto con colori primari quale il rosso, la taglia e la ricuce, crea delle stratificazioni facendole perdere la sua funzione primaria di stoffa perraggiungere un valore plastico di forma. Le sue opere cosi raggiungono una vibrazione emozionale che costituisce un linguaggio o meglio una grafia del tutto personale.

Per de ANGELINI e CERVO invece la juta diventa sfondo, diventa il luogo ideale in cui si articola la composizione, in cui si muovono le figure, dipinte per Cervo e mute, rappresentazione di un’umanità sansa alcuna connotazione particolare che ci permetta di reconoscerla quale razza, un’umanità che ci rappresenta tutti come uomini e donne apparentati unicamente dalla consapevolezza di essere protagonisti unicamente dalla propria  vita fatta di emozioni  e di sentimenti. Sagome di foglia di legno invece per de ANGELINI che le compone nello spazio come testimoni di un destino ineluttabile, figure solitarie e frontali, o riunite a costruire una folla o disposte in fila, lungo un sentiero, pronte a continuare il proprio cammino, evidente metafora del procedere della vita verso il proprio destino.

Diverso il discorso per HAJHOUJ che invece presenta una piccola barca di legno su cui ha modellato sagome di terracotta assiepate e urlanti, impaurite e sottomesse de una figura che della prua incombe su di loro, lancia ordini e invettive. Una figura dominante che, da sola, riescea dirigere la barca dove e come meglio crede, imponendo dall’altro del suo potere la propria volontà a chi, sottomesso è costretto ad ubbidire. Un’opera fortemente dramatica cui fanno, da contorno una serie di dipinti in cui volti urlanti di un’umanità straziata dal dolore fa da contraltare al silenzio imposto dalle figure mute di de ANGELINI e CERVO

 

Federica Luser